La vita sbagliata di Johan 8
FINALE
«Scusami» sussurrò Johan a occhi bassi.
I secondi passavano lenti senza che Aren pronunciasse una sola parola. Finalmente, sempre tenendo gli occhi fissi sul corpo di Johan disse:
«Certo che ci hai messo tanto tempo per dirmelo».
Johan alzò lo sguardo, incredula: «Cosa?».
«Lo sapevo da tempo» rispose Aren.
«Come sarebbe a dire che lo sapevi da tempo?!».
«Si» confermò Aren e, con un lieve sorriso di rammarico, aggiunse: «Dal giorno in cui sei andata nelle prigioni. Ed ero nel bosco quando ti sei sistemata le bende».
«Ti chiedo scusa se non te l’ho detto prima, Aren. Però tutto per me è stato sempre difficile. Da quando sono nata questo segreto è il mio fardello e prima d’ora non l’avevo mai condiviso con nessuno».
«Lo so – disse dolcemente Aren – Perciò non ti ho mai detto nulla», sopraggiunse avvicinandosi: «sono contenta che tu finalmente me lo abbia detto, seppur dopo molto tempo dal tuo arrivo».
«L’ultima cosa che vorrei è farti soffrire» disse Johan guardandola negli occhi.
«Ammetto che quando l’ho scoperto mi sono arrabbiata e avrei voluto smascherarti davanti a tutto il paese» commentò Aren che, dopo una breve pausa aggiunse:
«tu però in quel momento avevi bisogno di me; e sapevo che la tua vita non doveva esser stata facile, altrimenti non ti saresti comportata così».
Johan annuì: «Da ora in poi sarà tutto diverso tra di noi, vero?».
Ma Aren, scuotendo la testa, la rassicurò: «Non mi pento dei sentimenti che ho provato per te; che siano stati d’amore o altro. Quello che c’è stato tra noi, seppur breve, è stato intenso e non lo rinnegherò mai».
Johan, ancora una volta, rimase sorpresa e ammutolita di fronte ad Aren.
«Sei davvero unica, nessuno avrebbe reagito così» fu tutto ciò che riuscì a dire.
Aren la abbracciò e con un lieve sorriso rispose: «Lo so, ecco cosa ti sei persa» disse ammiccando leggermente.
Poi fu silenzio. L’unico suono era quello dei loro cuori che battevano all’unisono nella forza di quell’abbraccio.
Quando la magia del contatto si spense Aren guardò Johan nuovamente negli occhi e chiese: «Perché proprio adesso?».
«Perché, almeno una volta nella mia vita, vorrei sentirmi a casa» rispose Johan.
Aren annuì: «Perché? Non sei felice qui?».
«Si, sono felice; ma non so se questa sarà mai casa mia» confessò Johan.
«Sai che non cercherò di trattenerti. Nonostante tu faccia ormai parte della nostra comunità è il momento, per te, di trovare la tua strada: il posto che ti farà battere forte il cuore».
«Temo proprio che andrò via Aren» sussurrò Johan abbottonandosi la camicia.
Aren annuì nuovamente e, sedendosi sull’erba fresca, le fece cenno di raggiungerla: «Raccontami la tua storia».
Johan si sedette e con un sospiro iniziò il suo racconto.
Trascorsero lì il resto della giornata, tra confidenze e pensieri mai condivisi.
Passarono i giorni e, dopo la loro chiacchierata, l’atmosfera sembrò raffreddarsi leggermente. Johan fece appello a tutto il coraggio che possedeva e affrontò il delicato discorso della sua partenza con il capo del villaggio.
«Che cosa vuoi dirmi?» chiese secco Owen.
Johan inspirò profondamente prima di iniziare: «Ti sono grato per tutto quello che hai fatto per me… Mi hai dato una nuova vita e un nuovo scopo. Ho imparato e sono cresciuto così tanto…».
«Mmm» mormorò a denti stretti Owen. «Tuttavia non credo tu sia venuto solo per ringraziarmi… Sembra esserci un “ma” dopo la tua frase…».
Johan come sempre si fece cogliere impreparata dallo scaltro capo villaggio, ma si riprese quasi subito: «Sì. È così… Io… Vorrei andare via per cercare la mia strada». Disse in un soffio.
Owen si girò di scatto, fissandola negli occhi: «Ricordi qual era il patto iniziale? Io avrei attaccato il tuo villaggio se non ti avessi avuto al mio fianco o come prigioniero o come difensore di questo villaggio. Vuoi davvero tornare da dove sei venuto?».
Johan scosse la testa: «Non mi interessa il luogo dove sono nato. Sei libero di attaccarlo e depredarlo se davvero lo desideri».
L’uomo la fissò accigliato, cercando di cogliere dettagli dallo sguardo del ragazzo.
«Vattene!» disse facendo un cenno con la mano e tirandogli addosso una bisaccia tintinnante: «Non voglio più vederti».
Johan, grata, annuì con gli occhi leggermente umidi per la commozione poi, inaspettatamente, lo abbracciò senza più dire una parola. I muscoli di Owen da tesi si rilassarono ricambiando l’abbraccio di Johan che, a quel punto rinfrancata, uscì dalla piccola e accogliente casa in pietra.
La sera vagò per il villaggio, cercando di imprimere nella memoria il maggior numero possibile di emozioni: gli odori e i sapori, prima di tutto, e poi le piccole e semplici case di quell’amato villaggio.
La notte arrivò veloce e, come previsto, non riuscì a riposare. Alle prime luci dell’alba preparò il suo piccolo bagaglio e affilò la lama della sua spada. Adesso era pronta per partire, si aspettava di trovare Aren al suo fianco: le mancava e aveva bisogno di lei… Ma non la vide, né in casa, né nel bosco, nè nelle stradine polverose del villaggio dove l’aveva cercata. Quindi Johan, un po’ delusa, salutò qualche passante per poi finalmente cominciare il suo viaggio.
Imboccò la stessa strada che aveva fatto tempo addietro per andare al mercato di Brega.
Persa tra i suoi pensieri e con la mappa in tasca, accarezzava ogni tanto il pomolo della spada, in modo da prendere coraggio.
A un certo punto una voce la scosse: «Vai da qualche parte?».
Johan si voltò di colpo.
«Non ti vergogni? Senza neanche salutare!».
Sul ciglio della strada c’era lei… Aren. Seduta sull’erba e nascosta dalla fronde di un albero.
Johan non seppe trattenersi e le corse in contro, inginocchiandosi e abbrancciandola più forte che poteva. Aren ricambiò l’abbraccio dandole un delicato bacio sulle labbra e uno sulla fronte.
«Mi mancherai…» disse Johan.
«Anche tu» rispose con dolcezza Aren e soggiunse: «Ho qualcosa per te».
Quindi, da dietro la schiena, le sporse un pacchetto con sopra un enorme fiore: un iris.
«Aprilo dai!» disse impazientemente Aren.
Johan aprì con euforia il pacchetto da cui fecero capolino due magnifici pugnali con incastonata una pietra violacea sull’elsa.
«Sono stupendi» disse Johan senza fiato per lo stupore.
«So che non sono quelli che hai visto a Brega, ma si intonano con la pietra della tua spada e con questo fiore che tanto ti piaceva…».
«Non potevo desiderare di più» rispose felice.
Aren, sorridendo, si alzò: «Prima che sia tuo però, dovresti fare un’altra cosa importante per te stessa».
Johan la fissò senza capire e Aren prese a sbottonare la camicetta di Johan, lentamente, e senza che lei si opponesse. Iniziò a slegarle quelle bende ingiallite rivelando la pelle violacea nascosta al di sotto di esse. Johan ansimò lievemente.
Aren le slegò completamente, facendole cadere a terra. Poi, le riabbottonò la camicetta, facendole una carezza sul volto: «Ora non sei più quella persona. Da queste parti non ti conosce nessuno. Quindi puoi finalmente essere la persona che sei sempre stata e che meriti di essere».
Johan si mise a piangere: «Ho così tanta paura!».
«Di che cosa?». Chiese Aren slegandole i capelli e pettinandoglieli con le mani.
«Di sentirmi sbagliata per questo mondo… Di non essere accettata».
Era la prima volta che parlava di sé al femminile e le fece uno strano effetto.
Aren le prese il viso per guardarla negli occhi: «Sarai accettata solo se tu per prima sarai a tuo agio con te stessa. Vivi la tua vita. Lascia lontane le paure e assapora la vita. Gioisci ogni secondo e godi appieno di tutto».
Johan non seppe trattenersi e continuò a piangere.
«Sei ancora più bella quando piangi. Iris, fiamma sopita».
E, mettendole il fiore fra i capelli,aggiunse: «Io ti aspetterò, se un giorno vorrai tornare da me… Addio Iris».
Si abbracciarono a lungo e Johan, a quel punto, fu pronta per partire… Con un nuovo nome, nuove speranze per il futuro, la sua fedele spada e i due pugnali. Pronta per intraprendere quel nuovo cammino che tanto la spaventava.
Continuò a salutare Aren finché non scomparve all’orizzonte e, passo dopo passo, con una nuova luce negli occhi, si incamminò verso il suo futuro… l’ignoto l’avrebbe portata lontano.
FINE
Argomenti correlati: Annientamento, Buco nero, Conflitto interiore, Mirroring, Modalità attenzione, Motivazione, Ostacolo, Paura dell’annientamento