La vita sbagliata di Johan 3

PARTE 3

 

D’improvviso, Johan fu svegliata da un brutto presentimento e da rumori molto simili a quelli uditi nella sua vecchia casa, quando gli uomini di Owen presero d’assalto il suo villaggio; intontita e confusa non capiva dove si trovasse.

Era Aren che sbattendo tra loro grosse pentole, urlava:

«Sveglia! Sveglia dormiglione! Ci aspetta l’addestramento! L’addestramentooooo! Svegliaaaa!».

Johan si coprì gli occhi con la coperta mugugnando, prima di alzarsi dal letto.

«Oh finalmente! Ce l’hai fatta! Dai che è tardi!».

Johan guardando la poca luce che filtrava dalla finestra bofonchiò:

«Ma non è nemmeno l’alba…».

«Muoviti pigrone! Ti aspetto sotto per fare colazione e poi andiamo» disse Aren correndo giù per le scale.

Nonostante il risveglio traumautico, sul viso di Johan si dipinse un piccolo accenno di sorriso: era la prima volta che si preparava a fare qualcosa per sé stessa.

Si lavò in tutta fretta e scese a fare colazione insieme ad Aren, che era già vestita con i suoi panni da guerriera.

Una volta terminata la “ricca” colazione a base di latte, pane raffermo e marmellata, Aren si diresse verso una vecchia e malandata cassapanca che, una volta aperta, si rivelò essere piena zeppa di armi: asce, spade, daghe, pugnali, scudi e persino martelli e picconi.

Johan, guardando con curiosità il contenuto del baule, sfiorò il manico di un pugnale mentre Aren estraeva, dal fondo della cassa, una vecchia spada di legno, di cattiva fattura e pure logora.

«Ecco tieni. Questa sarà la tua prima arma». Johan la impugnò dall’elsa, esamminandola attentamente e in completo silenzio.

«Ne avrai una più bella quando avrai fatto la pratica necessaria e avrai imparato a usare questa» disse Aren, comprendendo il disappunto di fronte a un grezzo strumento di legno.

Johan annuì sorridendo mentre Aren sceglieva un’altra spada con cui addestrarsi insieme.

Anche se l’arma non era fatta di metallo, pesava comunque per il delicato polso di Johan, che però fece finta di nulla senza lamentarsi. Uscirono quindi dalla casa e si incamminarono verso il luogo dell’addestramento.

«Dove andiamo?» domandò Johan.

«Appena fuori dal villaggio c’è un boschetto; ci alleneremo lì».

Si lasciarono le case alle spalle e dopo mezz’ora di cammino entrarono nel bosco e si fermarono in una radura, dove i raggi del sole mattutino si riflettevano sul prato inumidito dalla rugiada.

«Che bello qui» disse Johan guardandosi intorno e respirando l’aria frizzante del mattino.

«In guardia!» urlò improvvisamente Aren, attaccando come una furia e senza darle neppure il tempo di reagire. Ma Johan riuscì comunque ad alzare la spada, evitando così di farsi colpire dritto in faccia, per poi cadere in terra dopo l’ennesimo attacco.

«In piedi!».

Johan si rialzò mettendosi in posizione di guardia. Questa volta pensava di essere pronta alla difesa, ma Aren le girò intorno e con uno sgambetto la fece cadere nuovamente.

«Ricorda di essere sempre stabile sulle gambe e in guardia! Se non lo sei da fermo… sarà ancora peggio in movimento». Iniziò così l’addestramento vero e proprio fatto di pratica e suggerimenti.

«Gamba destra leggermente più avanti rispetto alla sinistra; piega le ginocchia e non lasciare scoperto il torace. Usa la tua spada anche per difenderti!».

Johan annuì e cercò di posizionarsi al meglio. Aren attaccò nuovamente e lei finalmente parò un fendente indirizzato al suo addome.

«Ottimo!» commentò Aren.

Mentre Johan cercava di rialzarsi lei ne approfittò per tirargli un calcio nel costato che, per un’istante, le fece mancare completamente il respiro.

«Hai perso la concentrazione. Qualsiasi cosa succeda e qualsiasi cosa ti dica l’avversario devi restare presente a te stesso, ricordalo!».

Johan la guardò dritto negli occhi, senza però risponderle.

Aren le fece segno, con la mano, di avanzare.

«Forza, attaccami».

Si scrutarono girandosi intorno. Johan si fece avanti, ma Aren non si scompose e, rimanendo in posizione, la disarmò.

«Ancora! Insisti!».

Johan, sfinita e delusa, ansimava continuando però ad attaccare.

«I fendenti sono colpi inferti dall’alto verso il basso; non a casaccio!».

«Aspetta! Ti prego! Non ce la faccio più», disse Johan con un filo di voce.

«Ma se abbiamo appena iniziato!» sogghignò Aren, riprendendo immediatamente l’attacco.

«Mi fa male il polso! Ti prego!».

«Ed è solo una spada di legno! Una vera sarebbe molto più pesante. Questo servirà a rafforzarti!».

Dopodiché la guardò con comprensione e le disse:

«Facciamo un po’ di esercizio fisico dai».

Johan poggiò la spada a terra attendendo il prossimo ordine.

«Trenta giri della radura e trenta flessioni sul posto!».

Tutta la felicità della mattina svanì in un lampo quando comprese quanto duro sarebbe stato allenarsi giornalmente con Aren… certo non una passeggiata.

Eppure continuò, seppur stremata, a fare quello che le si chiedeva. Chissà… forse un giorno anche lei sarebbe diventata così: forte, bella, capace di prendere le decisioni migliori per sé stessa e fiera di mostrarsi per ciò che è veramente.

Parte 4

 

 

 

 

 

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