La vita sbagliata di Johan 7

PARTE 7

 

Nonostante la notte insonne, per Johan l’alba arrivò in fretta, si era alzata di buon’ora, si era lavata ed era già pronta per affrontare la giornata; quando Aren salì per svegliarla si sorprese di trovarla già vestita.

«Ah, vedo che sei ansioso di provare la nuova spada?».

Johan annuì abbozzando un lieve sorriso, continuava a pensare alla mappa acquistata il giorno precedente ma non disse nulla ad Aren.

Esistono davvero le terre segnate sulla mappa, oltre quelle montagne che si vedono lontano? Ci sono altri laghi, altri fiumi, altre montagne, altre popolazioni?

Quella notte si era chiesta quale fosse davvero il suo posto e se in quel villaggio sperduto in cui la avevano accolta, si sentisse davvero a casa; purtroppo, la risposta che faceva fatica ad accettare e che continuava a tormentarla era: “No!”.

Aveva bisogno di trovare il suo posto nel mondo, anche se faticava ad accettarlo, perché tutti si erano comportati bene con lei, l’avevano accolta e le avevano dato fiducia… E poi… c’era Aren… e gli occhi di Johan diventavano lucidi al sol pensiero di darle una delusione. Purtroppo, però, sarebbe stato inevitabile: prima o dopo l’avrebbe dovuta ferire, e Aren proprio non lo meritava. Molto tempo era passato da quando Johan era entrata a far parte del villaggio di Bransbik e quella bugia che la riguardava la stava dilaniando dall’interno, come un veleno preso troppo a lungo.

Dopo una colazione consumata in silenzio, erano ora pronte per il consueto addestramento che iniziò con la pulizia e l’affilatura delle armi.

«Questa è una lama vera» spiegò Aren.

«Dovrai prenderti cura di lei come faresti con una figlia, altrimenti non ti servirà a dovere in battaglia».

Johan guardò la lama che brillava sotto la luce del sole: così perfetta e letale. Osservò il suo viso riflesso sul metallo: era cambiata tanto in tutti quei mesi trascorsi a Bransbik; aveva imparato molte cose e si sentiva parecchio diversa rispetto a quando era arrivata al villaggio.

«Dai proviamo!» esortò Aren alzandosi in piedi con un balzo.

Johan annuì stringendo l’elsa nella mano; erano tornate nella radura laddove avevano fatto il primo allenamento, in quello spiazzo lontano dal villaggio.

Aren fece cenno a Johan, concentrata al massimo, di avvicinarsi.

Johan si mise in posizione, studiando il terreno circostante e osservando attentamente la sua avversaria; all’improvviso il duello iniziò: il metallo delle spade che si scontravano creò un impeto di scintille; le due avversarie si guardavano dritto negli occhi e i loro corpi si muovevano come in una danza, con movimenti quasi simultanei, armonici; le lame si sfioravano e toccavano a vicenda creando quell’inconfondibile suono stridente. All’improvviso Aren saltò su una pietra per tentare un affondo e Johan per evitarlo scivolò di schiena cadendo su un ramo fresco. La lama di Aren arrivò alla sua gola e i suoi occhi verdi celavano un briciolo di soddisfazione:

«Mai dimenticarsi di quel che abbiamo intorno».

Johan spostò leggermente la gamba e il ramo flessibile finì in faccia ad Aren facendola cadere all’indietro.

«Come vedi non lho fatto» disse Johan ora in piedi con la spada puntata sul collo di lei.

Aren la squadrò incredula, senza parole. Johan le porse il braccio per aiutarla a rialzarsi e lei accettò l’offerta, piantando la sua spada a terra, quasi con rabbia: non era sua abitudine essere battuta.

«A quanto pare non hai più bisogno di me ormai…» disse con un pizzico di nostalgia.

«Avrò sempre bisogno di te…» rispose Johan con dolcezza.

Aren sorrise leggermente, cancellando immediatamente dal suo viso quella sorta di rabbia per essere stata battuta.

«Sei cambiato tanto da quando sei arrivato spaurito qui da noi» le disse.

«Lo so… ».

«La gente qui ti vuole bene e apprezza molto ciò che fai per il villaggio».

Johan si fece seria: quelle parole… pronunciate proprio ora, nel momento in cui non si sentiva al suo posto, la spiazzavano; era forse giunto il momento di parlarle?

«Aren...» disse con un filo di voce.

Lei la guardò attentamente, con quei suoi occhi grandi e brillanti.

«Devo dirti una cosa importante…».

Aren annuì senza rispondere.

«È tanto tempo che voglio farlo… Ma per me è sempre stato troppo difficile parlarne. Però tu meriti di sapere. Mi dispiace solo averci messo tanto».

Aren, immobile, continuando a fissarla, incalzò:

«Ebbene?».

Il cuore di Johan prese a battere all’impazzata tanto da farle temere che Aren lo avrebbe potuto udire.
Si fece forza, con il cuore in gola, e si sbottonò lentamente la camicetta, se la sfilò rivelando le strette bende avvolte sul suo torace.

Aren, con gli occhi sbarrati, ansimava.

«Perdonami… era tanto che volevo dirtelo… ma non ho mai avuto la forza per farlo» disse Johan abbassando lo sguardo.

Gli occhi di Aren, fissi sul corpo di Johan, si riempirono di lacrime che andavano a rigare la candida pelle del suo viso.

Finale

 

 

 

 

 

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